Codice Civile art. 2381 - Presidente, comitato esecutivo e amministratori delegati (1).

Guido Romano

Presidente, comitato esecutivo e amministratori delegati (1).

[I]. Salvo diversa previsione dello statuto, il presidente convoca il consiglio di amministrazione, ne fissa l'ordine del giorno, ne coordina i lavori e provvede affinché adeguate informazioni sulle materie iscritte all'ordine del giorno vengano fornite a tutti i consiglieri.

[II]. Se lo statuto o l'assemblea lo consentono, il consiglio di amministrazione può delegare proprie attribuzioni ad un comitato esecutivo composto da alcuni dei suoi componenti, o ad uno o più dei suoi componenti.

[III]. Il consiglio di amministrazione determina il contenuto, i limiti e le eventuali modalità di esercizio della delega; può sempre impartire direttive agli organi delegati e avocare a sé operazioni rientranti nella delega. Sulla base delle informazioni ricevute valuta l'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società; quando elaborati, esamina i piani strategici, industriali e finanziari della società; valuta, sulla base della relazione degli organi delegati, il generale andamento della gestione.

[IV]. Non possono essere delegate le attribuzioni indicate negli articoli 2420-ter, 2423, 2443, 2446, 2447, 2501-ter e 2506-bis.

[V]. Gli organi delegati curano che l'assetto organizzativo, amministrativo e contabile sia adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa e riferiscono al consiglio di amministrazione e al collegio sindacale, con la periodicità fissata dallo statuto e in ogni caso almeno ogni sei mesi (2), sul generale andamento della gestione e sulla sua prevedibile evoluzione nonché sulle operazioni di maggior rilievo, per le loro dimensioni o caratteristiche, effettuate dalla società e dalle sue controllate.

[VI]. Gli amministratori sono tenuti ad agire in modo informato; ciascun amministratore può chiedere agli organi delegati che in consiglio siano fornite informazioni relative alla gestione della società.

(1) Articolo sostituito dall' art. 1 d.lg. 17 gennaio 2003, n. 6 , con effetto dal 1° gennaio 2004. La legge ha modificato l’intero capo V, ed è stata poi modificata e integrata dal d.lg 6 febbraio 2004, n. 37, la cui disciplina transitoria è dettata dall'art. 6.

(2) Le parole «sei mesi» sono state sostituite alle parole «centottanta giorni» dall'art. 1 d.lg. 17 gennaio 2003, n. 6, come modificato dall'art. 5 1r) d.lg. 6 febbraio 2004, n. 37.

Inquadramento

L'articolo in commento disciplina le prerogative del presidente del consiglio di amministrazione, nominato ai sensi dell'u.c. dell'articolo precedente dal consiglio stesso (salva nomina da parte dell'assemblea), e l'istituto della delega. È stato osservato che si tratta di un regime minimale che lascia comunque ampio spazio all'autonomia statutaria (Barachini, 91; Vassalli, 4018; De Nicola, 112).

Il presidente del consiglio di amministrazione ed i relativi poteri. La convocazione del consiglio

Il codice si astiene dal predisporre una disciplina minuziosa del procedimento formativo delle deliberazioni consiliari (Spiotta, 668). Tuttavia, l'articolo in commento assegna al presidente del consiglio un ruolo di primo piano essendo a lui demandato di convocare il consiglio, di fissare l'ordine del giorno, di coordinare i lavori e di curare i flussi informativi all'interno dell'organo. Si tratta di funzioni eterogenee (Barachini, 92) che investono sia il ruolo organizzativo dei lavori consiliari sia il ruolo di garanzia del presidente tenuto a sovrintendere, in una posizione di “indipendenza” (Montalenti, 679; Giannelli, 53; Bonelli, 2004, 38), alla circolazione dei flussi informativi.

La prima prerogativa indicata dalla legge è costituita dal potere di convocare il consiglio di amministrazione.

La convocazione non richiede formalità particolari e può avvenire con qualunque mezzo di comunicazione che garantisca la prova dell'avvenuto ricevimento e va inviato ai consiglieri con congruo anticipo rispetto alla riunione (Spiotta, 670).

In assenza di disposizioni espresse che disciplinano le modalità di convocazione del consiglio di amministrazione e, in particolare, il luogo di riunione, è demandata all'autonomia dei soci, manifestantesi nell'approvazione dello statuto, la regolamentazione di tale aspetto (Trib. Torino, 5 agosto 1988).

Quanto alla conseguenza della omessa o tardiva convocazione di un amministratore, sebbene con riferimento alla previgente disciplina, si è osservato che nell'ipotesi in cui la deliberazione consiliare di convocazione dell'assemblea di una società di capitali sia stata assunta all'esito di una riunione, alla quale un suo componente non sia stato convocato, il medesimo può impugnare la deliberazione consiliare per la mancata convocazione nei suoi confronti, ma, in mancanza di tale impugnazione, la deliberazione assunta dall'assemblea in seguito convocata non può essere impugnata dall'amministratore che deduca il vizio di convocazione, in quanto egli è privo di legittimazione attiva al riguardo, posto che il potere di impugnare le deliberazioni assembleari spetta al consiglio di amministrazione e non agli amministratori individualmente considerati, salvo che il consigliere di amministrazione sia stato immediatamente leso in un suo diritto dalla deliberazione stessa (Cass. n. 259/2010; Cass. n. 8992/2003; Cass. n. 12012/1998).

La fissazione dell'ordine del giorno

Il potere di fissare l'ordine del giorno della riunione consiliare ha carattere accessorio rispetto al potere di convocazione dell'organo non potendo avvenire la convocazione senza una indicazione delle materie da trattare (Barachini, 95). Si ritiene che il singolo consigliere possa chiedere l'inserimento tra gli argomenti in discussione di specifiche materie da sottoporre al collegio (Nazzicone, 27; De Crescienzo, 787; Bonelli, 2004, 218).

Per le delibere del consiglio di amministrazione di una spa, non è necessario che l'avviso di convocazione contenga delle materie poste all'ordine del giorno (in giurisprudenza Trib. Verona, 10 novembre 1989).

Il coordinamento dei lavori del consiglio

Al presidente, poi, spetta di dirigere i lavori del consiglio e, quindi, di: accertare la regolare costituzione della seduta; moderare la discussione; porre in votazione le proposte; dichiarare l'esito della votazione (Barachini, 98; Nazzicone, 25; Sanfilippo, 474).

La disciplina delle deleghe

Il legislatore lascia all'autonomia statutaria di articolare variamente l'organizzazione del consiglio di amministrazione al fine di renderlo aderente alle esigenze delle singole realtà imprenditoriali ed all'adeguata valorizzazione delle specifiche competenze dei singoli (Aiello, in Tr. Res. 2011, 124). L'istituto della delega risponde a tali esigenze e, in particolare, ad istanze di efficienza nell'adempimento della prestazione gestoria (Barachini, 99) in quanto consente all'organo collegiale di attribuire alcune funzioni ad un comitato esecutivo o ad uno o più consiglieri operativi, senza, peraltro, che ciò importi il venire meno del ruolo apicale del consiglio essendo comunque salvaguardate le prerogative dell'organo collegiale (Aiello, ivi).§§

Peraltro, il conferimento della delega non elimina il ruolo di preminenza del plenum: il consiglio, infatti, può in ogni momento modificare il contenuto, i limiti e le modalità di esercizio della delega e può arrivare a revocarla, anche senza giusta causa (v. anche infra).

Il comma 3 dell'articolo in commento subordina l'ammissibilità della delega al consenso dello statuto o dell'assemblea, così demandando, in ultima analisi, ai soci la decisione in ordine alla configurabilità di un simile modello gestorio (Barachini, 102). Si ritiene che sia sufficiente, per il caso di mancata previsione statutaria, un pronunciamento dell'assemblea ordinaria (Giannelli, 95; Mosco, 597; Nazzicone, 27, contra, Cagnasso, 299).

I limiti alla delega

Un primo limite, di natura, soggettiva attiene alla circostanza che non è ammissibile una delega ad un soggetto esterno al consiglio di amministrazione (Aiello, in Tr. Res. 2011, 125).

Sotto il profilo oggettivo, il quarto comma della disposizione in commento prevede alcune limitazioni alla delega, facendo divieto di attribuire le funzioni previste negli artt. 2420 ter (emissione di obbligazioni convertibili in forza di delega assembleare), 2423 (redazione del progetto di bilancio), 2443 (aumento di capitale su delega assembleare), 2446, 2447 (incombenti in caso di perdite), 2501 ter e 2506 bis (predisposizione dei progetti di fusione e scissione).

Il rapporto tra consiglio e organi delegati

La questione più significativa in merito ai rapporti tra consiglio e delegati riguarda se la delega possa essere “illimitata” o, comunque, “generica”. Il dato da cui muovere è costituito dal disposto del terzo comma dell'articolo in commento secondo il quale il consiglio di amministrazione: 1) determina il contenuto, i limiti e le eventuali modalità di esercizio della delega; 2) può impartire direttive e avocare a sé operazioni rientranti nella delega; 3) valuta l'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società; 4) esamina, quando elaborati i piani strategici, industriali e finanziari della società; 5) valuta, sulla base della relazione degli organi delegati, il generale andamento della gestione.

Secondo parte della dottrina sono ammissibili deleghe generali che comportano l'affidamento delle più ampie prerogative gestorie (Cottino, 413; Zamperetti, 80): i limiti di cui al terzo comma andrebbero, infatti, letti in senso negativo e sotto il profilo temporale (Aiello, in Tr. Res. 2011, 126). Secondo altra parte della dottrina, invece, dalla previsione concernente la valutazione, rimessa al consiglio, di esaminare i piani strategici, industriali e finanziari deriva l'impossibilità di delegare l'esercizio di tutti i poteri gestori essendo comunque rimesso al plenum la competenza circa la determinazione degli indirizzi politico-strategici (Barachini, 105; Nazzicone, 31; Mosco, 597).

Il consiglio di amministrazione è legittimato a revocare le deleghe operative già conferite al proprio amministratore essendo indifferente anche sotto il profilo dell'eventuale risarcimento del danno, la presenza o meno di una giusta causa (Trib. Milano, 16 ottobre 2006). Alcune decisioni, peraltro, ritengono che in caso di revoca della delega senza giusta causa, l'amministratore abbia diritto al risarcimento del danno (Trib. Milano, 14 febbraio 2004).

L'obbligo di agire in modo informato

L'ultimo comma della disposizione in commento pone a carico degli amministratori l'obbligo di agire in modo informato, attribuendo a ciascuno di essi il potere di chiedere agli organi delegati che in consiglio siano fornite informazioni relative alla gestione della società.

Non vi è dubbio che l'obbligo di agire in modo informato costituisca un corollario del dovere di diligenza che qualifica la carica gestoria (Angelici, 166; Barachini, 110).

Quanto al potere (che va qualificato esattamente come dovere, Aiello, in Tr. Res. 2011, 130; Mosco, 600) di chiedere informazioni, la dottrina fornisce una interpretazione restrittiva della norma ritenendo che gli amministratori non abbiano una facoltà di acquisire direttamente le informazioni dalla struttura aziendale con la conseguenza che tale potere potrebbe essere esercitato solo in sede consiliare (Nazzicone, 36; Zamperetti, 333; Irrera, 248; Montalenti, 681). Secondo altra ricostruzione, invece, la norma non limiterebbe il potere di acquisizione delle informazioni da parte dei singoli amministratori, limitandosi ad imporre che le informazioni comunque acquisite siano condivise con gli altri componenti dell'organo (Barachini, 111).

La ripartizione delle competenze tra consiglio e delegati risulta importante anche in relazione alla ripartizione delle responsabilità essendo previsto dall'art. 2392 un regime di responsabilità solidale attenuata. Se è, infatti, vero che gli amministratori sono solidalmente responsabili verso la società per i danni derivanti dall'inosservanza di tali doveri è anche vero che tale ultima norma fa salva l'ipotesi in cui si tratti di attribuzioni proprie del comitato esecutivo o di funzioni in concreto attribuite ad uno o più amministratori, non essendo quindi possibile ascrivere automaticamente a tutti i componenti le condotte illecite poste in essere da taluni di essi (Aiello, in Tr. Res. 2011, 131). E, tuttavia, la responsabilità potrà estendersi anche agli altri, ove questi, pur in presenza di indizi (che ben potrebbero essere costituiti da una informazione tardiva, lacunosa, parziale o incoerente) del compimento di attività potenzialmente foriere di danno per la società, i soci ed i terzi, non abbiano attivato i propri potere di reazione.

Secondo la S.C., gli amministratori non operativi rispondono per non aver impedito fatti pregiudizievoli dei quali abbiano acquisito in positivo conoscenza ovvero dei quali debbano acquisire conoscenza, di propria iniziativa, ai sensi dell'obbligo posto dall'ultimo comma dell'articolo 2381 c.c. (Cass. n. 15054/2024).

Sull'attuale sussistenza del dovere di vigilanza, cfr. anche sub art. 2392.

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